Archivi categoria: Curiosità…

La borsa di Mary Poppins

Mi trovo a scrivere della borsa di Mary Poppins dopo aver fatto ieri una pessima figura con Massimo Busciolano del negozio Fincato di Roma. Ora preciserò meglio. Ero preoccupato di dover acquistare alcuni sigari e sono andato da Massimo che dopo avermi ospitato magnificamente all’interno del fornitissimo walking humidor della Casa dell’Habano di Roma e aver dato il benvenuto al “Professore” nel suo salotto d’elite mi congedava augurandomi buone vacanze ed un Buon Ferragosto. mary_poppinsPochi passi e penso, un mese nella casa del mare, la mia cueva (vedi articolo precedente) in perfetto equilibrio di temperatura ed umidità ma nel mio studio di Roma, cosa fare? Fidarsi delle pratiche bustine di nylon fornite dal negozio che normalmente cullano i puros che acquisto dal negozio al mio studio. Massimo mi guarda e sarcasticamente mi dice che tra siti internet, degustazioni e cultura del sigaro a volte ci si perde in un bicchier d’acqua…apre il cassetto ed estrae la Humi-Pouch®. Un sacchetto delle meraviglie che può contenere le scatole appena acquistate e che…meraviglia tecnologica può conservare i miei sigari in modo naturale al giusto tasso di umidità per circa tre mesi, senza alcuna manutenzione.

La Altura, Inc. ha sviluppato e brevettato un sistema evoluto di conservazione del tabacco che è portatile e senza manutenzione. humi pouchCome sappiamo, ma per alcuni novizi, come dicevano i latini (e non i cubani questa volta) repetita iuvant, il tabacco, per sua natura richiede una giusta umidificazione al fine di mantenere freschezza e sapore. Il tabacco ha anche bisogno di “respirare” correttamente e inoltre tollera solamente  cambiamenti lenti delle condizioni ambientali. L’Humi-Pouch® consente al tabacco di respirare (attraverso delle membrane di materiale semipermeabile), di rimanere per lungo tempo (circa tre mesi) in un ambiente con il giusto tasso di umidità e lo protegge inoltre da repentini cambiamenti del microambiente interno. Tutto questo grazie ad un sofisticato sistema brevettato.

Cosa dire? Sto guardando con aria soddisfatta la mia borsa di Mary Poppins sul tavolino della casa al mare e mi viene da pensare al motivo del film…”basta un poco di zucchero e la pillola va giù…ops…forse in questo caso sarebbe meglio dire basta un buon habano e la pillola va giù…la pillola va giù”

“Il valore della vita non sta nella lunghezza dei suoi giorni, ma nell’uso che se ne fa: si può vivere molto a lungo, ma molto poco.”(Micheal De Montaigne)

Lascia un commento

Archiviato in Curiosità..., News...

Ogni volta…è la prima volta

Quando degustiamo un puro lasciamo che il fumo prodotto dalla sua combustione entri in contatto con in nostri sensi, in particolare il gusto e l’olfatto. Ma di cosa si tratta?

All’inizio della sua storia evolutiva, l’uomo “conosceva” il mondo soprattutto attraverso l’olfatto, mentre la vista e l’udito non erano ancora così importanti. Il gusto e l’olfatto non erano due sensi distinti, ma facevano parte dello stesso tipo di apparato. Soltanto in seguito iniziarono a suddividersi in due tipi di percezione diversi, relativi a zone distinte del nostro corpo e tuttavia ancora oggi interdipendenti: il funzionamento di gusto e olfatto,  insieme, produce infatti una specie di effetto stereo ed è per questo che, quando siamo raffreddati, sentiamo meno anche i sapori.

L’olfatto appartiene quindi al nostro “io” più antico, alla parte animale, istintuale ed emotiva del nostro essere. Una lunga serie di espressioni presenti nel nostro linguaggio ne sottolinea l’importanza. Possiamo infatti “fiutare” o “rifiutare” le persone e le cose, “annusare qualcosa che non va”, o “sentire puzza di bruciato”, “aver buon fiuto”, “buon naso per gli affari”, o “annusare una truffa”. E secondo alcuni studi psicologici anche le nostre scelte nei confronti delle altre persone sono influenzate dall’odore.

Il mondo dei sentimenti e delle emozioni e il senso dell’olfatto sono determinati e sviluppati nella stessa regione del nostro cervello, regione che si è formata molto precocemente nella razza umana ed è pertanto logico e ormai acquisito il fatto che gli odori e le fragranze abbiano influenza diretta sullo stato d’animo e sulla psicologia degli esseri umani.
Tutti noi sappiamo quanto possono essere evocativi i profumi: il ricordo di un avvenimento, di un’atmosfera, di un luogo o di una persona resta spesso legato a un particolare odore. L’olfatto è quindi il senso della memoria. nasofumanteSeguendo una scia odorosa si può viaggiare nel tempo, rievocando emozioni, sensazioni ed esperienze vissute in momenti e in luoghi lontani.

Basta un soffio di profumo nell’aria per riportarci indietro al tempo della nostra infanzia o in luoghi lontani, che abbiamo conosciuto.

A confronto con la straordinaria sensibilità e motilità della lingua, il senso del gusto sembra quasi poco sviluppato. In effetti esso non fa altro che distinguere tra dolce (sull’apice), acido, salato e amaro (sui margini o sulla radice della lingua).

Analizziamo ora ciò che stimola i nostri sensi quando fumiamo un sigaro. Il fumo di tabacco è una miscela eterogenea di sostanze gassose e corpuscolate originate dal processo di combustione delle foglie. Quando un sigaro viene aspirato, il flusso di gas e vapori ad alta temperatura, prodotti dalla combustione del tabacco, attraversando la massa di foglie interne, produce nella zona immediatamente a valle del braciere, un insieme di reazioni di decomposizione delle molecole complesse che formano il materiale vegetale e di sintesi di nuove molecole che collettivamente costituiscono il fumo.

Da cosa sono determinati l’odore e il sapore di un puro? Sono infiniti gli elementi che entrano in gioco. Dalla miscela di tabacchi, dal calibro del sigaro, dalla lunghezza. Anche la forza con cui avviene l’aspirazione, variando la temperatura di combustione, modifica la composizione del fumo, per cui lo stesso sigaro può dare origine a sostanze diverse a seconda del modo in cui viene fumato.

Aggiungiamo inoltre che oltre alle variazioni che esistono nella composizione delle foglie di tabacco prodotte nella stessa località in periodi differenti, esiste una variabilità nella composizione di sigari prodotti dallo stesso torcedor nella stessa giornata, per un’imprecisione intrinseca della manifattura manuale. Anche sigari della stessa scatola, per sottili differenze nella composizione del tabacco, per differenti tempi di maturazione (fermentazione), per differenti condizioni di conservazione (temperatura/umidità etc.), per i differenti stati emotivi in cui vengono fumati. In questo mix complesso di fragranze potremmo aggiungere gli odori ambientali e i cibi o le bevande che stiamo associando al nostro puro.

In sintesi, ogni sigaro fumato nella nostra vita sarà un’esperienza unica. Ricordiamoci dunque di provare e riprovare i sigari avana anche quando la prima volta non ci sono piaciuti particolarmente, senza pregiudizi, con la mente libera.

Gli uomini non sono saggi in proporzione tanto all’esperienza quanto alla loro capacità di fare esperienza. George Bernard Shaw

Lascia un commento

Archiviato in Curiosità..., Degustazioni...

ROMEO Y JULIETA CAZADORES

Abbiamo già parlato in passato di questo puro un pò burbero di Romeo y Julieta, ma affascinati da questo racconto dell’amico Massimo abbiamo deciso di riproporlo. Anche perchè con il caldo di questi giorni, ritornare con la mente ad un’atmosfera natalizia ci consola in qualche modo.

Le festività natalizie sono appena passate ed Elena è tutta presa dal disfare l’albero di natale. E’ domenica mattina. Ho dormito sereno. Mi sono svegliato di ottimo umore, ma di mettermi ad armeggiare con l’albero di natale non se ne parla nemmeno.

Cosi mi offro volontario per andare a cambiare i regali che sono stati comprati senza accendere il cervello…come si può regalare un pullover extra large ad uno che porta la media?!?!?Anche ad Elena sono stati regalati indumenti fuori misura. Prendo tutto ed esco di casa. Rientro, ho dimenticato il sigaro. Quale migliore occasione per fumare?!? Sono solo ed ho del tempo a disposizione. Mi serve un amico che mi faccia compagnia.

cazadoresVado verso l’humidor e lo apro. Accidenti,i miei amici si sono fumati tutti i sigari piccoli e “leggeri”. L’unica scelta che mi rimane è un Cazadores di Romeo Y Julieta. Sigaro di tutto rispetto per carità, ma non adatto alle 11,30 di mattina. E’ ritenuto il sigaro più forte tra quelli cubani.  A vederlo sembra un sigaro tranquillo, col suo cepo di 43 ed il suo largo di cm.162. Rifletto un attimo. Elena ne avrà per un po’. Ma si, proviamo la mia virilità. Lo prendo, lo taglio con un colpo deciso della ghigliottina e lo metto tra i denti. Saluto Elena con un suono gutturale ed esco di casa.

Entro in auto ed accendo il Cazadores. Però che buon odore sprigiona. La forza del suo fumo invade la bocca. Accendo il motore. Il rombo si associa bene col sapore del sigaro. Mi metto in marcia. Imbocco il raccordo anulare e mi stabilizzo sugli 80 km orari. Apro leggermente il finestrino in modo da far circolare il fumo. Guido e fumo con tranquillità. havana-varaderoIl raccordo anulare si è trasformato nella strada che porta da l’Avana a Varadero. Con tanta,troppa fantasia, vedo l’oceano alla mia sinistra mentre sulla destra la campagna cubana si confonde con le colline verdi. Sapevo che il Cazadores era un sigaro forte ma che avesse queste proprietà….un lampo improvviso,seguito immediatamente da un tuono fragoroso mi riporta sul Raccordo Anulare. Una pioggia torrenziale scende violenta. Chiudo la fessura del finestrino e mi dico che era tutto troppo bello per durare. Guido ad intuito. La pioggia mi ostacola la vista. Per fortuna sono quasi arrivato al centro commerciale, meta del mio peregrinare. Trovo parcheggio ma la pioggia non smette, anzi.

La mia auto sta diventando una camera a gas. Devo prendere coraggio e scendere dalla macchina. Non sono attrezzato per la pioggia. Ho solo un giubbotto di pelle e un cappello da baseball con la scritta Cuba, strano eh?!?

Infilo  giubbotto e cappello e scendo dall’auto col sigaro tra i denti. Mi guardo intorno ma non vedo balconi che possano ripararmi. In fondo alla strada vedo una cupola trasparente dove sotto sono parcheggiati i carrelli del centro commerciale. Non trovo un posto migliore. A passo veloce mi dirigo verso la cupola, cercando di non fare inzuppare il Cazadores. Arrivo al mio rifugio e do una ricca boccata al sigaro. Con soddisfazione noto che mi risponde con un’ottima combustione e che la pioggia non lo ha danneggiato. In compenso però ho i jeans bagnati fino al ginocchio. Non importa. Il sigaro brucia. Alzo gli occhi al cielo e le nubi sono sempre più cariche di acqua. Almeno il riparo è ottimale. Il Cazadores mi fa compagnia anzi sembra quasi che mi aiuti a sopportare l’umidità e il freddo. Noto infatti che non mi da fastidio la sua forza. Non mi indebolisce. E ho nello stomaco solamente la colazione. Tutti i miei amici aficionados sanno che suggerisco di fumarlo dopo pranzo, ideale se si è mangiato carne e salsicce piccanti alla brace, accompagnate da un ottimo vino rosso. Il suo sapore forte e deciso si abbina bene con queste cibarie.

Mentre rifletto su queste considerazioni, un altro disperato arriva come un razzo nel mio rifugio. E’ più zuppo di me. Ha venti anni meno di me. Si illude di togliersi un po’ d’acqua di dosso dandosi delle sonore pacche sulle spalle e sul busto. Dalla tasca posteriore dei jeans tira fuori un pacchetto morbido di sigarette. Ne estrae una storta e se la infila in bocca. Mi chiede del fuoco. Tiro fuori l’accendino con fiamma jet flame e gli accendo la sigaretta. WAOH, è il suo commento. Mi ringrazia e fumiamo silenziosamente.

Lo guardo fumare. Ha l’aria da bullo di periferia ma fuma perché gli piace, non perché deve atteggiarsi a MarlonBrando, anche perché dubito che sappia chi sia stato.

Siamo qui. Sotto una stupida cupola di vetro, circondati da carrelli per la spesa. Fumiamo in silenzio. Non ci disturbiamo. Penso che non si sta cosi male. Certo potessi bere un caffè potrei dire di essere quasi in Paradiso.

Con un gesto rapido getta la sigaretta. Mi saluta e scappa per raggiungere gli amici che lo stanno aspettando all’ingresso del centro commerciale.

Aspetto ancora un po’. La pioggia sta rallentando e tra poco finirà, cosi come il sigaro. Ecco ha smesso. Camminando piano vado verso l’entrata. Do delle boccate mirate al Cazadores in modo che possa accompagnarmi fino alla mia destinazione. Fumo e cammino pensando che questo aneddoto possa essere il mio prossimo racconto per Smoking.

Sono arrivato all’ingresso. Adagio il sigaro su un portacenere a forma di fungo posto al lato dell’entrata. Entro e faccio le mie commissioni.

Massimo Busciolano
Fincato-La Casa del Habano-Roma

1 Commento

Archiviato in Curiosità..., Degustazioni...

Michael Jackson…i saponi al mercurio e i sigari cubani

Ieri si sono celebrati i funerali di una delle icone della musica pop del nostro secolo. Ma cosa c’entrano i saponi al mercurio e i sigari cubani con lui? Ora ve lo spiego. Come si può apprendere da una recente intervista rilasciata a “Repubblica”, Arnold Klein dermatologo nel 1984 per primo diagnosticò a Michael Jackson la vitiligine. Klein racconta: « Io sono stato il primo a diagnosticarla e l’ho aiutato nel processo di sbiancamento della pelle, necessario per renderla più omogenea, senza chiazze». La vitiligine (“leukoderma”) è dovuta alla distruzione, per cause non note, di particolari cellule che hanno il compito di produrre la sostanza scura, michael jackson chiamata melanina, che colora la pelle. Caratterizzata da chiazze color bianco-latte prive di melanina, la vitiligine colpisce donne e uomini senza distinzione di razza, nazionalità e origine, non è dolorosa e nemmeno contagiosa. Svelato il mistero, da medico accetto la spiegazione, ma allora perché ora che il velo è caduto scopriamo che i tre figli di Michael Jackson sono bianchi, anzi bianchissimi. Questa volta la vitiligine non c’entra e neanche i farmaci. E’ un problema genetico e i geni, non mentono. Il colore nero di solito prevale. Nascono figli caffelatte,  belli, come accade quando si mischiano le razze. Più chiari o più scuri, ma bianchi quasi mai. Uno su un milione può darsi. Tre su tre è impossibile. Lo hanno definito l’Obama del pop. Ma Obama è sempre stato fiero del colore della sua pelle e di quel padre africano con cui in realtà non ha mai vissuto. Ha studiato e ha vissuto da bianco, ma ha sposato una donna nera, Michelle, e nere sono le sue due figlie. Michael invece per tutta la vita ha cercato di fuggire dal colore della pelle, che lo faceva sentire diverso. E che lo ha spinto a desiderare per i suoi figli un colore diverso da quello determinato dal suo DNA. Quei tre ragazzini non possono essere biologicamente suoi.

A noi fumatori di puros, bianchi, neri, gialli, rossi tutto ciò dispiace. Ci rammarichiamo innanzitutto per la morte di un uomo sicuramente buono e generoso e forse troppe volte calunniato, un grande artista. Ma ci rammarichiamo ancora di più perché non vogliamo credere che il colore della pelle possa condurre ad un’ossessione così grande. La variabilità e la diversità creano bellezza. E’ così per i figli di razze miste. E’ così in ultimo anche per i nostri sigari ognuno diverso dall’altro, dal colorado claro al colorado maduro.

A Cuba c’è un proverbio molto diffuso che dice “Quien no tiene de congo, tiene de carabalí“. Ossia, non c’è nessuno sull’Isola che possa escludere di avere nelle proprie vene almeno una goccia di sangue africano, una schiavigoccia di sangue nero e schiavo. “Congo” e “Carabalí” erano i due gruppi etnici,fra i molti trasportati dalle navi negriere, con la pelle più scura, e dunque considerati ancora più “inferiori”, praticamente “subumani” dai padroni creoli e spagnoli. Schiavi africani che vennero portati nell’isola per incrementare lo sviluppo della coltivazione della canna da zucchero e del tabacco. Io credo che non si possa capire la Cuba di oggi, la sua forza e resistenza davanti alle difficoltà, il suo desiderio estremo di libertà e indipendenza  se non si considera che i suoi abitanti hanno ancora un ricordo vivissimo della schiavitù e degli sforzi che i loro nonni e bisnonni hanno affrontato per eliminarla. Noi fumatori di puros liberi e cittadini del mondo dobbiamo imparare a rispettare il colore della pelle e la memoria di questi uomini che tanto hanno contribuito alla nascita dei sigari che oggi fumiamo ancora nei momenti di relax.

Mi è sembrato pertanto opportuno, in questo momento particolare, dare eco ad un allarme lanciato da anni da una collega , un medico italiano, impegnata da più di quindici anni in Congo, Chiara Castellani. Lo chiamano “sapone antisettico” ma sottovoce nel nome commerciale “extra-clair” si sottolinea che schiarisce la pelle. Ancora più sottovoce si sottolinea l’ipotesi che la pelle bianca sarebbe molto più bella che la pelle nera, che le donne e gli uomini bianchi sono più belli degli uomini neri. E così il sapone antisettico al mercurio “made in Suisse” finisce in Africa dove è probabile che nessuno noterà o diagnosticherà mai i suoi effetti mortali. Il primo aspetto criminale è la tossicità neurologica del mercurio e di conseguenza del prodotto a base di mercurio, che proprio per questo è stato proibito in Europa. Ci chiediamo come in Svizzera (e pare non solo in Svizzera, ma anche in Inghilterra) si continui a produrlo ed ad esportarlo in Africa. Come se gli africani fossero indenni da questa tossicità. Infatti sulla scatola c’è scritto anche “poison contient 2% mercure iodide“, ma a Kimbau molti sono analfabeti. Il mercurio è un potente antisettico. Il mercurio è un metallo altamente tossico per l’uomo. L’esposizione al mercurio ha sintomi variabili ma sempre estremamente preoccupanti. Affaticamento, disturbi dell’alimentazione, insonnia,  depressione, alterazioni della personalità, danni renali, dermatite e caduta dei capelli, alterazione delle percezioni sensoriali sono solo alcuni dei sintomi che può ingenerare l’esposizione al mercurio.

Malattia di Minamata

Malattia di Minamata

Un esempio dei sintomi da intossicazione acuta di mercurio li troviamo nella malattia di Minamata. E’ una sindrome neurologica i cui sintomi includono atassia, parestesie alle mani e ai piedi, generale debolezza dei muscoli, indebolimento del campo visivo, danni all’udito e difficoltà nell’articolare le parole. La malattia di Minamata è stata scoperta per la prima volta a Minamata, città della Prefettura di Kumamoto in Giappone, nel 1956. Fu causata dal rilascio di metilmercurio nelle acque reflue dell’industria chimica Chisso Corporation, che perdurò dal 1932 al 1968. Questo composto chimico altamente tossico si accumulò nei molluschi, nei crostacei e nei pesci della baia di Minamata e del mare di Shiranui, entrando nella catena alimentare e causando così l’avvelenamento da mercurio degli abitanti del luogo.

A contatto con la pelle il mercurio uccide i melanociti, a loro volta produttori della melanina. L’effetto di ciò è un temporaneo provvisorio ed illusorio schiarirsi della pelle che è solo l’aspetto a più breve tempo di comparsa, nel lungo elenco da cui siamo partiti. Su questa folle idea che il bianco della pelle sia in qualche modo da preferire agli altri colori si gioca l’immagine di questo prodotto.

“Nero è il velluto del cielo a mezzanotte, nero è così bello da farti piangere. Nero è petrolio, nero è carbone, nero è terra, nero è anima, nero siamo tu ed io, nero è bello, non vedi! Nero è un onice luccicante, nero è una pantera nella notte della giungla, nero è un profondo sentire, può farti ridere o piangere. Nero è mistero, nero è bello, non vedi? Non vedi? Nero è il dolore di gente in lutto, nero è il sogno di una terra promessa. Piccolo, non piangere, tu sarai libero prima di morire. Senti, piccolo, nero è bello, non vedi? Non vedi?” (Charles Wood)

Contribuiamo durante le nostre degustazioni a dare divulgazione alla campagna di Chiara diciamo ad alta voce “Ndombe kele kitoko” (nero è bello).

Lascia un commento

Archiviato in Curiosità..., News...

CIGARS AND……GOLF

Conoscete uno sport in cui è possibile godere degli aromi e del gusto unico di un buon Cohiba nel pieno dell’ “attività motoria” senza intaccare la qualità delle proprie prestazioni?

campo da golfIo sinceramente no! Oh pardon, mi correggo, non ne conosco nessuno, se si esclude quello che io considero un gioco, forse il più bel gioco che sia mai stato inventato: il golf.

Mi presento: mi chiamo Francesco e ho 32 anni e, oltre ad essere un modesto (ma in ascesa) giocatore di golf, sono un discreto amante di sigari, passione naturalmente trasmessa e, quando possibile, condivisa con i miei cari amici Paolo e Vincenzo che di golf invece, mio malgrado, non ne masticano proprio….

L’esperienza che mi ha spinto a scrivere queste poche righe deriva dal fatto, provato sui green e i fairways di numerosi circoli romani, che una buona fumata, aiuta a trovare la giusta concentrazione.

E questo sia che ci si trovi alla fine di una buca, prima di passare alla successiva, sia di fronte ad un putt impegnativo, in cui mantenere i nervi saldi è assolutamente fondamentale.

jimenezIl giudizio positivo sulla bontà di tale abitudine trova credito dal fatto che nel golf, sin dai suoi  albori  sui verdi prati scozzesi di St Andrews, la “spunta” sempre il giocatore più coraggioso, il più concentrato, il più impassibile, insomma il più “mentalmente rilassato”.

E già!!, qui la forza fisica e la potenza muscolare servono a poco se, come spesso ai dilettanti capita, non si mantiene il giusto autocontrollo, determinante  per abbassare lo score in campo ed il proprio handicap di gioco.

Ahimè, ho scoperto tutto questo poche settimane fa in prossimità di una gara match- play ( uno contro uno), quando, preparata la sacca dopo aver scelto con cura le palline il guanto e naturalmente un buon maduro da fumare in tutto relax a fine gara, ho incontrato il mio avversario….

A dire il vero, almeno dall’aspetto, non sembrava essere un osso durissimo: avanti con l’età, un po’ gobbo, non molto potente  ed estremamente silenzioso (ma forse questa è una qualità).

Sin dai primi colpi una cosa era lampante: il mio avversario non riusciva proprio a staccarsi dal proprio Cohiba robusto che, nelle brevi pause di gioco, non esitava a fumare con lo stesso relax di una bella fumata tra amici al termine di una cena gustosa.

us-open-golf-2009La cosa mi ha, non solo colpito, ma quanto mai innervosito, dal momento che mentre i miei colpi terminavano sistematicamente in acqua o lontano dalle bandiere, accompagnate ogni volta da  imprecazioni di vario genere, il nostro taciturno golfista-fumatore giocava il suo miglior golf deliziando la vista con swing armonici e precisi.

Il risultato finale?  Un pesantissimo 10-5 (per lui) che non lascia spazio a recriminazioni ed una lezione di golf importante: chi credeva come me che fumare sigaro in campo potesse togliere la concentrazione dovrà ricredersi! La verità e che un buon habano può essere fumato nelle situazioni più disparate e come dimostrato, almeno nel golf, può aiutare a rilassarsi e a trovare il giusto approccio mentale prima di ogni colpo.

Molti campioni del nostro tempo lo sanno, a supporto del fatto che non solo nelle “garette” di circolo,  il sigaro può dare sempre e comunque sensazioni piacevoli e stimoli positivi.

Come va adesso con il mio golf?

Il mio handicap di gioco è lo stesso (28), continuo ad imprecare ad ogni colpo sbagliato, ma almeno la lezione mi è servita e oggi, anche in campo, quando possibile, non rinuncio a fare qualche puff con il fumo del mio amato maduro, in attesa che oltre ai miei sensi ne benefici anche……..il mio gioco……

Lascia un commento

Archiviato in Curiosità...

Due artisti “fumosi”

Se esiste una forma d’espressione ancora immune dai condizionamenti questa è l’arte. E così, la musica, le parole, i colori, la materia, possono in qualche modo “trasfigurare” anche i soggetti o i temi più “scottanti”. E’ il caso del fumo, universalmente riconosciuto dannoso e ormai universalmente perseguitato dalla maggior parte delle persone. Navigando sul web mi sono imbattuto nelle opere di due artisti contemporanei che vorrei presentare in modo estraneo dai condizionamenti di quello che si ritiene “politicamente corretto”. pop art, black woman smoking cigarQuello che percepiamo osservando le opere di Sandra Knuyt è attrazione. Attrazione per i volti femminili, che dipinge con colori acrilici, tra le cui labbra poggia seducente un sigaro. Nata nel 1966 in Belgio, il suo talento artistico è stato riconosciuto da tutti fin dalla gioventù, con numerosi premi a concorsi artistici. La sua infanzia è stata fortemente influenzata dalla nonna, una cantante professionista, che ha permesso a  Sandra di sviluppare un carattere forte e creativo. La sua mente ha grandi capacità di immaginazione e di visualizzazione, la sua arte è spontanea, schietta, emotiva e guidata da valori universali e principi naturali. E’ il sottile piacere del fumo lento che accomuna le sue donne, bionde, more, bianche e di colore: per alcune vera passione, per altre semplice vezzo, per altre ancora esibizione o provocazione estetica. Artista quotata, Sandra Knuyt vanta i propri quadri esposti in gallerie d’arte importanti, da Miami a Los Angeles, da Lugano a Sidney, da Singapore a Kuala Lumpur, oltre a numerose personali e collettive che, in Europa, l’hanno vista protagonista in Italia (a Milano) e in Germania. Il sigaro è fonte di ispirazione anche per un altro artista, il francese Gérard Le Roux, che ha il proprio atelier nella deliziosa Place de la Mairie di Saint Tropez. Qui, tra quello che lui definisce il suo “frutteto” fatto di monumentali ciliegie, mele, pere, olive “germogliate” dal marmo di Carrara, si scoprono altrettanto giganti sculture raffiguranti sigari. E’ in seguito ad un prolungato soggiorno a Cuba, nel 2003, che Le Roux, lui stesso gran conoscitore di sigari, si dedica a questo nuovo progetto figurativo in cui la forma cilindrica e allungata, modellata sugli Avana, si assembla in combinazioni sofisticate rigorosamente in bronzo, le cui tonalità richiamano quelle della foglia del tabacco. (tuttotabacco settembre 2007)

La pittura è più forte di me; mi costringe a dipingere come vuole lei. (Pablo Picasso)

Lascia un commento

Archiviato in Curiosità...

Sigaromanzia

In un annuario de Il Tabacco, nel 1921, si cercò di stabilire le caratteristiche psicologiche di chi fuma il sigaro: arrivò la “Sigaromanzia”. La complessa psicologia dell’aficionados condiziona la gestualità che accompagna una buona fumata…sembra che dalla postura della mano che impugna il sigaro possano ricavarsi aspetti utili alla comprensione di chi osserviamo…
Dando dunque un’occhiata al modo in cui fumiamo il sigaro, chi ci osserva dovrebbe essere in grado di capire quale personalità gli stiamo rivelando.

1. Chiaccherone, democratico, generoso, affabile                          sigaromanzia
2. Ragionevole, pensieroso
3. Parlatore, elegante e buono, psicologo
4. Spirito calmo e deciso
5. Incredulo
6. Nervoso collerico, ma uomo di parola
7. Gaio, gioviale, testardo
8. Scettico, pratico, vendicativo
9. Elegante e dabbene
10. Solitario, interessato
11. Brutale ed egoista
12. Economo

che

A questo punto lanciamo un sondaggio

Lascia un commento

Archiviato in Curiosità...

Sigari e sigarette in cima alla top ten dei rifiuti del Mediterraneo

Mozziconi di sigaretta, avanzi di sigari: sono loro in cima alla top ten dei rifiuti che soffocano il Mar Mediterraneo. Nella gigantesca pattumiera marina, i ‘regali’ dei fumatori ammontano al 37% dell’immondizia raccolta, che supera il 40% se si conta anche il 3,8% delle confezioni di tabacco. Seguono poi bottiglie di plastica (9,8%), buste di plastica (8,5%), lattine di alluminio (7,6%), coperchi (7,3%), bottiglie di vetro (5,8%), il set completo del picnic usa e getta (bicchieri, piatti e posate) con il 3,8%, imballaggi e contenitori di cibo (2,5%), cannucce (2,1%) e linguette di apertura di lattine o altro (1,9%).

Il rapporto – A fotografare la speciale classifica dell’immondizia custodita nel Mediterraneo è l’ultimo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep), dal titolo “Rifiuti marini: una sfida globale”, sulla base di raccolte effettuati da volontari tra il 2002 e il 2006. (http://notizie.tiscali.it/articoli/cronaca/09/06/12/top_ten_rifiuti _mediterraneo234.html)

Ci dispiace notare che i residui delle nostre fumate, vengano trattati nella cronaca alla stregua dei mozziconi di sigarette.Il filtro delle sigarette che ha il compito di trattenere una parte di fumo, e particelle fini prodotte dalla combustione del tabacco e della carta, è fatto di cellulosa, ottenuta dagli alberi. Una volta estratta, questa viene trattata chimicamente in maniera tale da ottenerne delle fibre molto sottili, successivamente compattate e forgiate a mo’ di cilindro da inserire alla base delle sigarette.

Il tempo di biodegradazione di un filtro di sigaretta varia da 1anno a 5 anni, a seconda delle condizioni ambientali in cui viene gettato.mozziconi

Il tempo di biodegradazione di un mozzicone di sigaro è molto più rapido e sicuramente paragonabile a quello di una sigaretta senza filtro, quindi circa tre mesi. http://www.biologiamarina.eu/Rifiuti_degradazione.html

In più, un fumatore di sigari fuma mediamente un sigaro al giorno, un fumatore di sigarette ne fuma tra le 15 e le 20. Chi inquina di più? E quanti sono i fumatori di sigari rispetto a quelli di sigarette?

Cari giornalisti cambiamo almeno il titolo in:”Sigarette e sigari…”

ReciccaMa “chi ride a un’impertinenza, se ne fa complice” e allora cerchiamo almeno noi fumatori di sigari di farci promotori di una campagna per l’ambiente pulito. Consideriamo il mozzicone dei nostri puros una reliquia da trattare con il dovuto rispetto affidandola a contenitori adeguati alla sua nobile origine…come il Recicca (http://www.pietrolandi.it/) o Ash Away disponibile in arancio, bianco, rosso, verde e blu. Un simpatico portacenere portatile concepito per fumare en plein air. 18072008124846Acquistabile online al link http://www.stilpromo.com/gadget.php?codice=IT3567&id_stcat_1=44
al prezzo di Euro 1.

Certo… non fumare sarebbe meglio, e aggiungo per prime le sigarette, ma, se proprio non resistite alla tentazioni, fatelo nel rispetto del prossimo.

1 Commento

Archiviato in Curiosità..., News...

Cohiba Piramide


Il Natale era passato. La baraonda dei clienti non aveva procurato vittime. Solo feriti. Organizzammo un programma di ferie e finalmente arrivò il mio turno.

Niente di straordinario. Quattro giorni di vacanza. Ma per chi lavora in negozio sono paragonabili a due settimane alle Seychelles.

Decisi quindi di passare tre giorni a Parigi, romantica capitale europea. Mancavo dalla Ville Lumiere da dodici anni. I miei ricordi erano confusi.

Unica cosa certa  è che all’epoca, avevo ancora i capelli…lunghi per giunta.

Ora sono pelato. Non certo per moda. Di necessità virtù, se non vado errato.

Comunque avevo chiamato l’agenzia viaggi e avevo chiesto volo e pernottamento. Mi raccomando, un albergo vicino agli Champs Elysées.

Già mi sentivo parigino.

Preparai il borsone in venti minuti. Ne spesi dieci davanti all’humidor indeciso sui sigari da portare in  viaggio.

Era da poco uscita la Piramide di Cohiba, edizione limitata per il 2006 e ancora non avevo avuto modo di assaporarla.  Quale migliore occasione.

Presi tre piramidi e le misi nell’humi-pouch, la busta dei miracoli. Questa busta  permette di tenere i sigari in perfetto stato di umidità per la durata di tre mesi dalla prima apertura.

Ora avevo tutto. Il viaggio poteva cominciare.

Uscii di casa e dopo appena trentacinque minuti ero all’aeroporto Leonardo da Vinci.

Check in veloce cosi come il passaggio al metal detector. Questa volta non suonò.

Finalmente seduto a bordo del volo Air France, chiusi gli occhi e liberai un sospiro. Adesso ero in vacanza.

Le hostess passarono per i corridoi e chiusero le cappelliere con gesti decisi e automatici.

Guardai fuori dal finestrino. Le luci giallognole dell’aeroporto sembravano decorazioni natalizie.

L’aereo cominciò a muoversi lentamente come un pachiderma appena svegliato.

Arrivato sulla pista si fermò un istante, quasi volesse trovare le forze per il decollo che avvenne dolcemente.

Un senso di abbandono pervase il mio corpo.

In un paio d’ore arrivai all’aeroporto Charles De Gaulle, Parigi.

Una pioggerellina leggera mi dava il benvenuto. Presi il treno, la metro e fui in albergo.

Salito in camera svuotai il borsone dalle poche cose che avevo portato e mi tuffai sotto la doccia.

Dopo una quarantina di minuti ero nella hall dell’albergo, armato di tutto punto. Le dita della mano destra stringevano la Piramide di Cohiba, sigaro dalla capa madura e dall’odore speziato. Quelle della mano sinistra giocavano nervosamente col tagliasigari.

Inumidii la punta della Piramide passandola tra le labbra. La misi tra le lame del tagliasigaro e la recisi con fermezza.cohiba piramide

Uscii dall’albergo e accesi il sigaro. Due belle boccate  piccanti presero possesso della laringe. Mi venne una voglia sfrenata di penne all’arrabbiata.

Un Cohiba cosi’ non lo avevo ancora fumato. Ma che buono.

Col sorriso ebete stampato in faccia solito di quando qualcosa mi soddisfa, mi incamminai lungo gli Champs Elysées. Camminavo, fumavo e mi guardavo intorno. Quattro ore prima ero a Roma. Adesso ero qui.

L’aereo, che invenzione. Che comodità.

Adoro viaggiare. Mi emoziona sempre. Mi sento sempre più ricco di conoscenze. Figuriamoci se fossi stato un’astronauta.

Camminando lungo il maestoso viale, mi immaginavo di essere uno di loro. Una persona che vive a Parigi. Le persone che incrociavo emettevano suoni dolci. Venivo cullato dal loro parlare.

Di tanto in tanto mi fermavo a guardare le vetrine dei negozi e con l’occasione un paio di boccate alla Piramide cadevano a fagiolo.

Quel sigaro di certo andava fumato seduto in poltrona davanti al fuoco, magari dopo un ricco pasto, accompagnato da un ottimo cognac.

Ma la voglia di passeggiare per il viale era infinita. Cosi lentamente lo percorsi tutto. Non so di preciso quanto tempo impiegai. So solo che del mio amato sigaro ne era rimasto un quarto e mi trovavo a Place de la Concorde.

Dall’altra parte della piazza Le Jardin des Tuileries mi aspettavano. Quindi li costeggiai percorrendo Rue de Rivoli.

La Piramide di Cohiba bruciava lentamente. Di li a poco si sarebbe congedata.Parigi-Piramide-Louvre

Pensai alla fumata e rimasi sorpreso. Il sigaro era forte e pepato. Di certo non adatto ad una passeggiata cosi lunga. Probabilmente l’entusiasmo di trovarmi a Parigi dopo tanto tempo mi aveva dato una carica non indifferente.

Il prossimo lo avrei fumato sicuramente stando seduto, forse al bar della terrazza della Tour Eiffel oppure ad un cafè vicino Notre Dame.

Mentre facevo queste riflessioni di alto spessore, mi ritrovai davanti alla Piramide del museo del Louvre. Quale posto migliore per finire il mio Cohiba.

Era ora di tornare in albergo. Il percorso inverso lo feci in taxi. Dovevo sbrigarmi. Elena era appena arrivata. Mi aspettava nella hall. Era tornata da me.

Massimo Busciolano
Fincato-La Casa del Habano

Via Colonna Antonina 34

00186 Roma

tel.:066785508

Lascia un commento

Archiviato in Curiosità..., Degustazioni...

Zino

Oggi parleremo brevemente del “piccolo russo”, come egli stesso amava definirsi. Un uomo che ha senz’altro lasciato un’impronta indelebile nel XX secolo nel mondo del sigaro in particolare e di tutto ciò che ne rende piacevole il consumo: Zino Davidoff.img04

Zino Davidoff nacque in Ucraina, a Kiev, nel 1906. Suo padre lavorava in una conceria di tabacchi turchi e quindi il piccolo Zino cominciò a respirare l’aroma del tabacco sin dalla più tenera età. Nel 1911 la famiglia dovette trasferirsi a Ginevra dove visse per tutta la vita. In questa città il padre aprì una rivendita di sigari confezionati con tabacchi d’oriente e fra i suoi clienti se ne annoverava uno che come, Zino amava ricordare, forse arricchendo un po’ l’aneddoto, non pagava quasi mai. Il suo nome era Vladimir Oulianov, più tardi meglio conosciuto con il nome di Lenin.

Zino Davidoff seppe meritarsi la completa fiducia dei produttori cubani, preoccupati per la sorte dei milioni di sigari che si erano accumulati negli empori di tutta Europa durante la seconda guerra mondiale, i quali gli proposero di smaltire l’enorme scorta.Zino+Davidoff+quote+final[1]

Il negozio di Davidoff al n. 2 di rue de La Rive a Ginevra divenne il centro dell’universo sigaro per tutta il continente e Zino ebbe la consacrazione di Re indiscusso di tale universo. Questa stima gli fu riconfermata nel 1964 dagli emissari di Fidel Castro che gli affidarono le chiavi della rinascita degli Avana distrutti in qualche modo dalla furia anticapitalista del primo castrismo.

Numerosi sono stati i contributi che Davidoff ha apportato alla crescita qualitativa del sigaro avana, avendone curato personalmente tutta la linea produttiva, dalla semina, alla scelta dei tabacchi, alla loro lavorazione, stagionatura e confezionamento. Ma l’idea forse più brillante, quella che consacrò in maniera indelebile la rinascita dell’Avana e la sua affermazione anche culturale nell’elite europea, fu quella di associarne alcuni modelli ai più rinomati vini francesi, nell’intento di divulgarne il consumo con la competenza di un raffinato degustatore. Celebri sono rimasti i suoi Chateau Margaux, Chateau Lafite, Chateau Haut-Brion, Mouton Rotschild, Chateau Latour, Dom Perignon, ecc. Ancora oggi in qualche ristorante d’elite si usa offrire a fine pasto un sigaro che si abbini perfettamente al gusto dei cibi e dei vini che si sono consumati. Ciò perché in effetti un sigaro di altissima qualità dovrebbe essere sempre il complemento finale di una raffinata libagione.

Purtroppo dal 1990, a causa di insanabili contrasti con la Cubatabaco (la società statale che a Cuba gestisce il monopolio della produzione e commercializzazione dei sigari avana), la manifattura dei sigari Davidoff è stata spostata interamente nella Repubblica Dominicana, con grande amarezza degli affezionati consumatori dei sigari cubani di marca Davidoff.

Un ottimista ed un pessimista hanno entrambi le stesse probabilità di avere ragione, ma il primo si gode la vita……..(anonimo)

Lascia un commento

Archiviato in Curiosità..., News...